venerdì 15 novembre 2013

Blackmail


Cos'è il blackmail? Letteralmente blackmail vuol dire ricatto. La pratica ha una forte presenza negli Usa dove vanta diversi estimatori/trici e pian piano si è diffusa (almeno sulla carta) in altri paesi. Anche in italia iniziano a spuntare siti dove Mistress (e a volte pseudo tali) affermano di praticarlo. In buona sostanza il blackmail consiste in un accordo consensuale (!) tra la dominante e il sottomesso con il quale quest'ultimo fornisce all'aguzzina una serie di dati sensibili (numero di telefono della moglie, del posto di lavoro, dati account, coordinate bancarie ma anche foto ben visibili del sottomesso in pose compromettenti) e si sottopone a un vero e proprio gioco al ricatto sempre sul filo del rasoio in cui giocano molto l'eccitazione della paura, il sapersi completamente alla mercè di una persona e il cedimento alle richieste di questa (per lo più di natura economica). Come ho scritto il blackmail, pur non essendo pratica fisica ma prettamente mentale si rivela alquanto estrema. Ma fino a quando un gioco che si dice essere consensuale, rimane tale senza provocare conseguenze devastanti nella vita di chi si sottopone? Quali sono i limiti, contorni e sfumature di questa pratica?
E' chiaro che la messa in atto di tale pratica presenta elementi caratterizzanti del brainfucking (tema già trattato qui : http://lettersfromsubspace.blogspot.it/2013/11/brainfucking.html)
Nel libro "Teoria della dominazione finanziaria" (di Franco Angeli, Hoepli e disponibile per la visione su google libri), l'autore ravvisa una figura ulteriore e mitigata che si dovrebbe mantenere in una dimensione ludica e che si contrappone alla drammaticità del Blackmail. La figura in questione è il Greymail. La base di partenza è pressocchè identica con l'unica differenza che il Greymail rappresenta un gioco che non sfocerà (almeno nelle intenzioni iniziali) in un danno effettivo per il ricattato. Ovvero detto in soldoni, un ricatto con la consapevolezza che questo è solo un gioco di ruolo e non ci sarà alla fine nessun danno (sputtanamento detto in soldoni) nonostante le minacce (che sarebbero quindi simulate). O comunque le conseguenze sarebbero infinitesimali o ben circoscritte. Fa notare l'autore però, ed è la stessa domanda che mi sono posto anch'io, se le basi di partenza e il modus operandi sono pressocchè analoghe, in ogni caso come si può evitare che il rapporto, sebbene consensuale e simulato, non degeneri dispiegando i suoi effetti dirompenti? E' chiaro che in un “gioco” talmente forte la rovina ma anche la deriva patologica è dietro l'angolo.
A questo punto è chiara la differenza tra il blackmail e la semplice dominazione finanziaria, quest'ultima caratterizzata da un semplice dare, soddisfare i vizi del dominante e provare eccitazione in questo, senza pertendere alcuna contropartita. Giuridicamente parlando la moneyslavery di per sè non costituisce reato almeno di base ma ben può dispiegare derive giuridiche. Non ha gli elementi caratterizzanti dell'estorsione nè della truffa (non vi sono gli artifizi e raggiri richiesti dalla legge ma mi pare invece richiesta limpida ed esplicita.). Ma in alcuni casi si potrebbe ravvisare la circonvenzione di incapace, quando questa viene esercitata su persona malata nella psiche (malattia anche parziale) o quando il sottomesso si trovi in una condizione di sudditanza psicologica e debolezza psichica tale da far scemare grandemente la sua capacità di intendere e di volere in quel dato momento. Potrebbero in alcuni casi ravvisarsi anche conseguenze in campo civilistico, per esempio in un rapporto di coppia, come una separazione giudiziale, in base all'art. 151 c.c. quando vi siano fatti gravi che inficino la regolare prosecuzione del matrimonio, con addirittura l'eventualità di un addebito di separazione, in base all'art. 143 c.c. se tale dominazione dovesse integrare la violazione dei doveri matrimoniali quali l'assistenza morale e materiale. In realtà tali eventualità possono essere ascritte anche alla blackmail.
La blackmail, almeno in Italia, costituirebbe reato anche quando i limiti del gioco non vengono superati. Il momento consumativo dell'estorsione si ravvisa nel momento in cui a seguito delle minacce si verifica un danno ingiusto della persona offesa con conseguente profitto del reo. Se le minacce non riescono a far conseguire all'estorsore il danno ingiusto ed il relativo profitto si avrà invece il solo tentativo di minaccia. In entrambi casi saremmo comunque in presenza di un reato.
In Italia il ricatto consensuale non esiste. Non è disciplinato dalla legge, è fuor di logica e pare che non esista, ovviamente una casistica in merito. In ogni caso reputo che mai, tenendo conto dei principi generali del diritto, l'estorsione potrebbe essere scriminata dall'art. 50 del codice penale. L'art. 50 cp disciplina il consenso dell'avente diritto e recita: "Non e’ punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che puo’ validamente disporne". Il fulcro della questione ruota tutto intorno a quel "che può validamente disporne". Il ricatto per quanto consensuale, consistendo in una sequela continua di minacce volte a rovinare pubblicamente la persona (per lo più) in cambio di denaro, va a minare e ledere la libertà dell'individuo nella sua integrità. Libertà di scelta, di movimento, di disporre liberamente delle sue risorse perchè sempre sotto la prospettazione di un danno ingiusto. Quindi va a investire la libertà nella sua interezza colpendone vari aspetti. Essendo la libertà un diritto indisponibile, il consenso della persona offesa non può trovare applicazione, e così non trova applicabilità la scriminante dell'art.50. Ecco perchè secondo me, almeno giuridicamente, la pratica del blackmail in Italia è irrealizzabile senza incorrere in sanzioni.











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