martedì 4 marzo 2014

Domnosis




Negli ultimi tempi sta prendendo piede tra le pratiche bdsm, quella della domnosis. Nata, come spesso accadde, negli Stati Uniti, la domnosis si sta diffondendo anche nei paesi europei e timidamente anche in Italia. Nello specifico la domnosis consta in un'applicazione delle pratiche ipnotiche in un contesto bdsm al fine di far intraprendere al sottomesso un viaggio mentale nei meandri della propria psiche e della propria emozionalità, suscitando delle sollecitazioni tali da rendere, nelle aspettative, più profonda e penetrante l'esperienza bdsm. Ovviamente il corredo di pratiche annesse non è distante da quello di una normale sessione: umiliazioni, torture, moneyslavery (come potrebbe mancare!), ordini di varia natura.
La domnosis trova per lo più applicazione in una dominazione a distanza. Una nuova trovata per ampliare il parco pratiche delle prodommes e incuriosire il cliente in cerca di nuove emozioni; quindi lo scenario più ricorrente è quello della dominazione via webcam ma le più scafate hanno pensato bene di mettere a disposizione file "ipnotici" acquistabili presso i propri siti per avere con sè sempre a portata di mano, la propria Mistress preferita racchiusa in un hard disk. Ecco così video su misura o mp3 con la voce della dominante, con prezzi e durata variabile. Una nuova forma di marketing che probabilmente ha la sua fetta di mercato alla quale le dominatrici di oltreoceano ed europee si stanno adeguando e stanno sperimentando (Princess Angel, Evilena, Mesmerizing Goddess River, Lady Radiance tanto per fare qualche nome). Ovviamente il virtuale non è il solo ed esclusivo campo di applicazione dell'ipnosi ma ben si può adattare e praticare in una sessione reale, cosa che peraltro spesso accade (almeno a giudicare dalle testimonianze di chi si dichiara seguace di tale pratica). Quanto ci sia di ipnosi, quanto di suggestione e quanto di pura ciarlataneria, difficile dirlo e la cosa andrebbe valutata caso per caso.
Ma al di là delle mere supposizioni, ci si chiede quanto sia in realtà applicabile e opportuno abbinare l'ipnosi al bdsm?
Occorre a questo punto fare un passo indietro e spendere due parole sull'ipnosi.
È bene chiarire che l'ipnosi non è una pratica di pura fantasia ma trova reali applicazioni nella realtà essendo ben lontana dalle macchiette da cartone animato o dai poteri dei prestigiatori televisivi che ammaliano chi è di fronte con un semplice "a me gli occhi!". Infatti l'ambito di applicazione più frequente dell'ipnosi è in ambito medico e psicologico.
Tecnicamente l'ipnosi è un vuoto di potere creato a livello del sistema nervoso nel soggetto; su tale vuoto di potere si inserisce la volontà dell’operatore per conseguire gli effetti terapeutici richiesti.
Cenni dell'ipnosi si possono rinvenire nella Bibbia e in Paracelso ("l'anima è la sorgente, l'immaginazione lo strumento, il corpo il materiale plastico") tanto è antica tale pratica ma l'utilizzo noto più vicino alle nostre concezioni, risale al 1843 quando un oculista inglese si accorse che facendo roteare un oggetto luminoso a 20cm dagli occhi di un paziente, quest'ultimo reagiva con dei movimenti delle palpebre riscontrando uno stato simile al sonno.
L'evoluzione dell'ipnosi ha fatto si che essa sia largamente utilizzata in ambito psichiatrico e psicologico. Milton H. Erikson definiva l'ipnosi "un processo mediante il quale aiutiamo le persone a utilizzare le loro associazioni mentali, ricordi e potenzialità vitali per raggiungere il proprio scopo terapeutico. Il terapeuta agisce dunque, sollecitando emozioni, ricordi amplificando qualità e potenzialità del paziente portandolo in uno stato di trance".  Come dice il Dr. Marco Mozzoni (da leggere per approfondire sono i suoi articoli su medicitalia e sul suo sito) "è il paziente stesso a ritrovare esperienze e abilità mentali personali utili a raggiungere fini terapeutici. In questo contesto il terapeuta ha il ruolo di facilitatore dell'esperienza della trance".
Tanto è penetrante il potere dell'ipnosi di incidere sull'inconscio e risolvere problemi di tipo psicologico, quanto è enorme il suo potere di agire sul sistema nervoso al punto tale da influire sulla ricezione del dolore. Basti pensare che sempre più spesso in chirurgia l'ipnosi viene usata sui pazienti che denotano gravi intolleranze e allergie agli anestetici. Se correttamente attuata l'ipnosi ha efficacia al pari di un analgesico tradizionale nel controllo del dolore e in tal modo è stato possibile effettuare numerosi interventi senza che il paziente accusasse il minimo dolore.
A questo punto, avendo chiara la potenzialità di tale pratica è il caso di ritornare alla domanda posta, ovvero l'opportunità di accostare l'ipnosi al bdsm.
Ci si spende spesso a ribadire le regole del Ssc e l'importanza della collaborazione tra Dom e sub circa l'interpretazione delle reazioni dell'altro e della piena coscienza del proprio stato psichico e fisico. Appare evidente che qualora una trance ipnotica andasse a buon fine si altererebbe per non dire azzererebbe la soglia del dolore del sottomesso il quale non avrebbe più contezza e la percezione dei suoi limiti, del suo stato psichico, del dolore, di eventuali difficoltà. Dall'altro lato il dominante non avrebbe più alcuna informazione utile per decifrare le reazioni del sottomesso e il suo effettivo livello di sopportazione. Il pericolo di un tale scenario appare evidente. Non ci sarebbe più alcuna safeword nè sicurezza alcuna. Questo sul piano fisico, cosa certamente importantissima per non ledere l'integrità del bottom. Ma i risvolti potrebbero essere dirompenti anche sul lato psichico. Si potrebbero andare a intaccare delicati ambiti dell'inconscio di un individuo che potrebbero comportare strascichi lesivi dell'integrità psichica. Senza contare il danno che potrebbe derivare da chi userebbe l'ipnosi per amplificare la portata (già di per sè altamente pericolosa) della moneyslavery o persino come arma di ricatto.
La cosa pare infatti non convincere nemmeno i più navigati. Come Fulvio Brumatti, "militante" del bdsm e storico organizzatore di feste a tema: "Per quel che concerne l’aspetto dell’ipnosi, ho l’impressione che non faccia concettualmente parte del mondo SM, e comunque in Italia questo fenomeno non esiste (ancora). Se l’ipnosi serve per convincere una persona a sottoporsi a castighi, umiliazioni e legature, contravviene alla regola del consenso che sta alla base di questo tipo di giochi. Inoltre è noto che una persona ipnotizzata fa ciò che dice l’ipnotista solo se l’azione suggerita non contrasta con i suoi principi morali. Certo si può obiettare che un abile ipnotista potrebbe alterare la realtà percepita dal soggetto e fargli cambiare idea. Così una donna che non si spoglierebbe mai di fronte all’ipnotista, magari acconsente se lui le fa credere di essere in un ambulatorio medico. Insomma, è uno scenario troppo rischioso e difficile da gestire fuori da una sede terapeutica, io parere. Se invece parliamo di ipnosi come di uno strumento utile per effettuare un viaggio mentale, forse è uno stato di coscienza in cui una persona può scoprire meglio i propri limiti e i propri gusti. Mi chiedo però se avrebbe senso che qualcuno mi ipnotizzasse per farmi provare il piacere di un’aragosta mentre poi nella realtà addento un panino al formaggio" (da Corriere della sera).
Insomma, probabilmente una nuova deriva di cui il bdsm, già abbastanza minato da fin troppa gente che attenta alle sue fondamenta, non aveva certo bisogno.

giovedì 13 febbraio 2014

Libri: Peccati Originali di Ayzad e intervista con l'autore




Ayzad non ha bisogno di troppe presentazioni. Il "giornalista, scrittore e divulgatore di sessualità alternative" ha conquistato la propria notorietà nel mondo bdsm grazie ai suoi articoli, i suoi scritti e i suoi libri XXX - Il dizionario del sesso insolito ma sopratutto BDSM - Guida per esploratori dell'erotismo estremo, vero e proprio monumento e summa del sadomasochismo. Ora l'autore della "Bibbia" del bdsm si dedica alla narrativa senza dimenticare la tematica che ha contribuito alla sua fama, che lo appassiona e di cui è realmente esperto e che fa da sfondo alla vicenda. Peccati Originali inizia nel più classico dei modi per un giallo, ovvero una morte su cui indagare. La contessa Baio (la contessa delle lacrime) appartenente all'alta borghesia e assidua praticante di bdsm alquanto estremo, viene trova morta avvinghiata tra corde legate ad arte lasciando pensare a una sorta di suicidio catartico. In tal caso però la compagnia assicurativa non pagherebbe l'indennizzo dovuto dall'assicurazione sulla vita. È così che la figlia Letizia, giovane e rampante ereditiera, decide di vederci chiaro, nella speranza di poter avere quantomeno un risarcimento monetario, più che per amore di verità per la morte di una madre assente. E per fare questo decide di ingaggiare Ayzad, il più noto esponente di bdsm, per far luce sulla vicenda e accertare la veridicità del decesso. L'autore decide quindi che il protagonista sia impersonato da sè stesso, romanzandone ovviamente la figura e connotandola di quelle caratteristiche che ben si sposano con l'impianto noir ma consentendogli così di raccontare in maniera trasparente e quanto più sincera un mondo che anche nella realtà conosce bene. Peccati Originali dunque ha la struttura di un giallo classico che predilige all'azione adrenalinica, all'alta tensione e al dettaglio morboso, la fase di indagine, di dialogo, di caccia al particolare nascosto e risolutivo, dell'intrigo nascosto, del colpo di scena e che vede una rassegna di personaggi che colorano la vicenda, ognuno dei quali in qualche modo dà il contributo per la risoluzione della stessa. Ma vi è di più in Peccati Originali. La trama noir è un modo anche (e forse sopratutto) per raccontare quello che è il mondo bdsm che apparentemente fa da sfondo alla vicenda ma che è in realtà è il protagonista. Ne viene fuori così un quadro completo e senza sconti che cerca di essere quanto più rappresentativo di una molteplicità di modi di essere e di umanità che costella questo ambiente. Così accanto a personaggi divertiti, dalla sessualità appagata, con una forte etica nel praticare bdsm e anche sentimenti amorevoli e passionali (la coppia omosessuale che celebra la cerimonia del collare nel privè di ua festa) vi è anche una rassegna umana di esaltati, psicotici, gente che tradisce il dettato bdsm e del Ssc e altri sopra le righe e pittoreschi. Ayzad a tratti interrompe il narrato per descrivere parallelamente dei quadretti di vita bdsm divertendosi a prendere in giro i protagonisti o raccontarne delle scelte, come la storia di Stefano il master esaltato formatosi “all'accademia” di internet o Lady Myrta giovane Mistress appassionata e interessata a monetizzare la sua passione incontrandosi/scontrandosi con la realtà del prodomming. Accanto a questi ve ne sono altri che danno colore al racconto, come Jazz, il suo informatore, paralizzato su una sedia a rotelle e sfigurato da un incidente o Mistress Lene, personaggio talmente sopra le righe, il cui timore riverenziale viene subito anche dal protagonista. E sullo sfondo di tutto questo il continuo conflitto tra Letizia, l'emblema di una borghesia che ripudia e giudica come perversi i giochi praticati dal suo consulente e lo stesso che tenta di mitigare i suoi convincimenti moralisti. Ma vi è anche per Ayzad il rifugio da questo turbine di eventi ovvero il calore del rapporto con la sua compagna/schiava Cristina descritto quasi con delicatezza e senza mai scendere in dettagli erotici, vuoi per una sorta di rispetto dell'intimità di tale relazione vuoi per dimostrare che un rapporto D/s di coppia nei suoi sentimenti e nella sua quotidianità non è poi così distante da quella di una coppia vanilla.
Ayzad inoltre non perde occasione di inserire nel romanzo, dettagli tecnici su pratiche e modalità di espletamento delle stesse, incastrandoli con gli eventi così da non appesantire la narrazione e illustrando al contempo che il bdsm non è violenza gratuita ma consta di una preparazione che permette di viverlo in sicurezza.
Peccati Originali è dunque un ottimo esempio di come un romanzo possa avvincere il lettore grazie alla sua struttura noir ma allo stesso tempo descrivere  un mondo variegato senza fronzoli e senza incappare nei triti clichè a cui troppo spesso si è stati abituati.

P.s. La nuova versione di Peccati Originali, riveduta e corretta e con l'aggiunta della mini guida Nessuna sfumatura di grigio – Che cos’è davvero il BDSM, nero su bianco la si può trovare a questo link dove è possibile scaricare gratuitamente l'anteprima in pdf e procedere all'acquisto del libro in formato digitale sia in versione epub per ebook reader generici, che mobi per il kindle a soli € 3,99. Un ottimo motivo in più per la lettura. 

Abbiamo inoltre contattato Ayzad, dopo la lettura del libro, per saperne di più del suo romanzo e approfondire alcuni aspetti dello stesso. Ringraziamo l'autore per la sua cortesia e la sua enorme disponibilità nel rispondere a questa breve intervista.


Rainforest: Il romanzo si propone di illustrare il panorama BDSM italiano scegliendo la via della narrativa noir. Come mai questa scelta? Una passione anche per il noir o è un genere che prestava il destro a descrivere bene questo mondo? E come mai la scelta di essere lei stesso il protagonista?

Ayzad: Il genere è stato scelto in base a vari motivi. Il più importante è stato trovare una forma narrativa che risultasse intrigante anche per quei lettori non particolarmente appassionati di BDSM; il noir inoltre è un filone nato apposta per raccontare cosa accada dietro le quinte del mondo “borghese” presentato dai mass media. Infine, quando ho terminato di scrivere il romanzo mi sono accorto del forte sottotesto di critica sociale che ne traspariva benché inserirlo non fosse stato fra i miei obiettivi consci: il fatto che anche questo sia un elemento tipico dei noir mi fa pensare che, a conti fatti, sia stata una scelta quasi obbligata.
Come confesso nella prefazione, anche scegliere il protagonista è stato inevitabile. Perché la storia funzionasse doveva necessariamente avere una serie di caratteristiche in comune con me, e mi sembrava meschino inventarsi qualcuno che mi assomigliasse tanto ma poi avesse un nome diverso. C’è da dire anche che, per fortuna, l’Ayzad-personaggio ha una vita e un carattere di gran lunga peggiori di quelli di Ayzad-scrittore: se facessi davvero quell’esistenza sarebbe davvero tragico!


R: Nel romanzo descrive il mondo bdsm italiano senza indulgenze e in maniera obiettiva. Così oltre gli aspetti positivi vengono in evidenza anche quelli negativi o comunque realistici nella loro crudezza: penso alla presa in giro di Stefano il masterone convinto tanto da risultare una figura patetica; l'ingresso di Lady Myrta nel mondo del prodomming e il cozzare delle sue illusioni con la realtà difficile, sino ad arrivare a figure di veri e propri psicotici come l'internauta fiorentino. Ma penso anche a Jazz o Lene figure al limite, senza dubbio romanzate e grottesche che però vengono descritte con una sorta di bonarietà. Una scelta di sincerità e di parlare di questo mondo senza peli sulla lingua?

A: Per come la vedo io, la sincerità con se stessi e con gli altri è il valore fondante della cultura BDSM. Per questo e per la mia formazione giornalistica mi è sembrato naturale raccontare tanto i lati nobili di questo ambiente quanto quelli meno eleganti ma comunque presenti. Le fantasie idealizzate sono affascinanti, ma credo ci sia ancora più bellezza nel saper apprezzare la realtà delle cose.

R: Nel romanzo coglie l'occasione per descrivere nel dettaglio alcune pratiche e le modalità di eseguirle in sicurezza (penso su tutte alla descrizione dei lubrificanti per la penetrazione e il breve cenno sulle iniezioni saline). È un modo per far capire al lettore inesperto o profano di questo ambiente che il sadomaso non è la macchietta descritta da alcuni film o violenza gratuita ma c'è un'etica e un modo sicuro di praticarlo con esempi concreti?

A: Sì, questi sono alcuni aspetti della cosa. Quella digressione sui lubrificanti, però, è così lunga per altre ragioni. Ciò che ho cercato di trasmettere è, da una parte, la complessità delle competenze tecniche richieste anche per un gesto apparentemente semplice – e dall’altra quanto possa avere aspetti tediosi e alienanti il mestiere di esperto di sesso insolito… proprio come qualsiasi altro lavoro “normale”.

R: La scelta che il protagonista sia impersonato da lei stesso mi fa pensare che inevitabilmente qualche piccolo riferimento alla sua vita reale ci sia. A tale proposito penso al rapporto con la compagna/schiava Cristina. Ho notato che non entra mai nel dettaglio del vostro vissuto bdsm, mai un riferimento a pratiche ma anzi il rapporto appare come un normalissimo rapporto sovrapponibile a quello vanilla. Una scelta di rispetto verso questo rapporto o anche un modo di far capire che una relazione D/s non è scevra da sentimenti o dalla quotidianità comune a tutte le coppie?

A: Una cosa cui tenevo molto era mostrare la realtà di una relazione BDSM cosiddetta 24/7. Tutti la immaginano come una specie di fumetto porno continuo, mentre ovviamente le cose devono essere gestite con modalità compatibili alla vita quotidiana e alle esigenze emotive di veri esseri umani. Come dicevo prima personaggio e autore non sono del tutto sovrapponibili, quindi il non mostrare scene di sesso o gioco BDSM con quel protagonista non è stata questione di pudore, ma semplicemente una scelta dettata dalla constatazione che per leggere quel genere di cose ci sono già tanti altri libri e siti.

Grazie mille ad Ayzad e attendiamo quindi l'annunciato seguito del romanzo, come ogni noir che si rispetti, che si intitolerà Carne Cruda, un nuovo giallo che si addentrerà nei meandri del sadomasochismo patologico.

martedì 28 gennaio 2014

Il dolore nella religione e nel bdsm: delle curiose connessioni



Delle connessioni tra la spiritualità e bdsm se ne è già parlato qui. L'argomento però presta il destro a interessanti sviluppi e a connessioni più specifiche con le religioni.
Nella storia dell'umanità il dolore è stato un argomento cardine e trattato da ogni disciplina sia essa filosofica che religiosa. Sin dall'antichità l'uomo ha capito e si è interessato alla connessione esistente tra il dolore e il piacere ma diversi sono stati gli approcci a tale tematica come diverse le conclusioni delle varie scuole di pensiero.
Sin nell'antica Grecia il rapporto tra dolore e piacere fu oggetto di interesse tra i filosofi; dalla necessaria conoscenza dell'uno per poter aprrezzare l'altro, teorizzata da Eraclito, all'analisi di Socrate che vedeva un'indissolubile connessione tra il dolore e il piacere. Tale pensiero fu ripreso da Platone nel Fedone, riportando un pensiero di Socrate stesso: “Come sembra strana, o amici, questa cosa che gli uomini chiamano piacere; e come meravigliosamente si trova per natura in rapporto con quello che appare il suo contrario: il dolore! Questi contemporaneamente così non vogliono trovarsi insieme nell’uomo, ma d’altra parte, se una persona insegue e prende l’uno, presso a poco è sempre costretta a prendere anche l’altro, come se fossero attaccati ad una stessa cima, pur essendo due. E a me sembra”, disse, “che se Esopo avesse riflettuto su questo, avrebbe inventato una storia, [dicendo] che il dio volendo riconciliare questi in guerra, poiché non ci riusciva, legò fra loro i capi ad uno stesso punto, e per questo motivo, quando ad uno si presenta uno dei due, subito dopo viene dietro anche l’altro. Come appunto sembra [sia successo] anche a me, dopo che nella gamba c’era il dolore a causa della catena, sembra che venga, tenendo dietro, il piacere”. Altri filosofi greci (stoici ed epicurei ad esempio) in seguito torneranno sull'argomento, ponendo per lo più l'accento sul controllo dell'uomo sul dolore al fine di raggiungere il dominio di sé e uno stato di serenità denominato, a seconda delle scuole di pensiero aponia (assenza di dolore nel corpo), atarassia (assenza di turbamenti nell'animo) o apatia (assenza di passioni).
Il dominio del dolore e il raggiungimento dell'elevazione fu il fulcro del pensiero buddhista il quale  individuava come origine del dolore la presenza di passioni e desideri. Quindi il dolore non aveva un'origine divina ma nasceva all'interno dell'uomo e dalla sua ricerca della felicità attraverso ciò che è materiale e transitorio. Solo attraverso la meditazione e il nirvana è possibile abbandonare la vacuità della realtà ed elevarsi raggiungendo il nirhoda ovvero la cessazione del dolore.
Diversamente da molte altre religioni invece l'Islam non contempla il dolore (in arabo âlam) come un sentimento necessario all'elevazione spirituale né all'espiazione. Il dolore per l'Islam è solo un mezzo, ciò che ci avvisa di un pericolo, una malattia, una disfunzione e permette la sua individuazione e cura. Nel Corano il dolore non ha una funzione attraverso la quale raggiungere la redenzione né è stato dato all'umanità per la tribolazione (20ª1-8). La sopportazione dello stesso non serve all'espiazione né costituisce una via per il raggiungimento del Paradiso che invece viene attribuito per i meriti operati sulla terra attraverso le proprie azioni, lo sforzo (Jihad) di dominare e gestire le proprie passioni (45ª28: il giorno ultimo ogni comunità sarà convocata davanti al suo Libro: "Oggi sarete retribuiti per le vostre azioni. Quindi: Non per la vostra religione!"). Solo Dio ha il potere di redimere, non l'uomo attraverso la ricerca e la sopportazione della sofferenza.
Diametralmente opposto è invece il rapporto col dolore nel cristianesimo. Il dolore è indissolubilmente legato alla passione di Cristo, alla sua flagellazione prima e al martirio sulla croce poi. Nel cristianesimo l'accettazione supina del dolore è un ripercorrere il calvario di Cristo, da accettare con “gioia” (come affermato da Papa Francesco nella messa del maggio 2013 nella Casa Santa Marta) e condizione necessaria all'espiazione dei propri peccati per la conquista della redenzione ma anche atto da offrire con amore al Signore. Il concetto di espiazione e di dono della sofferenza si è sicuramente rafforzato dopo la venuta di Cristo ma è bene tener presente che rappresentava comunque un punto cardine già nell'Antico Testamento. Scrive Geremia: “Così mi ha detto il Signore: fatti delle catene e dei gioghi, e mettiteli sul collo” (Ger. 27, 2).
È quest'ultimo uno degli aspetti più interessanti che paradossalmente presenta punti in comune con certi modi di vivere il bdsm. Ciò che caratterizza numerosi rapporti D/s o 24/7 è, oltre l'appartenenza, la dedizione che il sottomesso/a riserva per il dominante caratterizzato da un percorso di evoluzione masochistica finalizzato al continuo superamento dei propri limiti per l'appagamento fisico e mentale del Padrone/a. La sofferenza a cui ci sottopone è quindi una sopportazione per il piacere del dominante che viene vissuta come un dono che si fa al dominante stesso. Ricorre infatti nel gergo bdsm il verbo “donarsi” come atto di abbandono nelle mani di chi esercita il potere sul sottomesso/a, quasi fosse un dono delle proprie sofferenze e prove al fine di creare un'unione tra le due parti in gioco che si completano attraverso il sadismo e il dolore sopportato. Molto spesso infatti si parla di tale unione come qualcosa di catartico e mistico che va ben oltre i canoni consueti dell'erotismo.
D'altro canto simili sono gli strumenti per il raggiungimento di tale finalità: dalle fruste, ai flagelli, ai cilici di corde, alla croce di Sant' Andrea (classica croce a X conosciuta anche come croce decussata utilizzata per il martirio dell'Apostolo e da lui stesso scelta). Tutti strumenti poi mutuati dal Bdsm.
Gli episodi di espiazione ed estasi mistica attraverso il dolore sono svariati e sono una costante del cristianesimo. I Flagellanti ad esempio furono un ordine cattolico dedito all'autoflagellazione pubblica in segno di penitenza, e la medesima tecnica du poi adoperata in seguito da altri ordini religiosi come i camaldolesi, i cluniacensi e i francescani.
Altri esempi di delirio mistico raggiunto attraverso il dolore possiamo rinvenirli in una dichiarazione forte di appartenenza di Santa Maria Alacoque la quale fu avvicinata da Cristo con le parole "lascia che ti usi a mio piacimento perché ogni cosa va fatta a suo tempo. Adesso voglio che tu sia l'oggetto del mio amore, abbandonata alle mie volontà senza resistenze da parte tua, in modo che possa godere di te". A fronte di tale passione non risulta difficile pensare con quanto trasporto i beati vivessero il dono dell'espiazione, spesso inseguita e cercata morbosamente. Si legge nell'autobiografia di Santa Guyon "arrivavo a possedere Gesù non nella maniera cosiddetta spirituale, attraverso il pensiero, ma in un modo così tangibile da sentire la partecipazione del corpo nella maniera più reale. Dopo tali peccati per mortificarmi il corpo leccavo gli sputi più schifosi, mettevo sassolini nelle scarpe, mi facevo cavare i denti anche se erano sani". 
Di fronte a tale letture non è difficile cogliere le connessioni con il masochismo tanto che il Dottor Murisier nel suo libro "Malattie del Sentimento Religioso" dimostra come "L'attaccamento dei mistici a Dio, a Gesù Cristo e alla Beata Vergine, sia impregnato di un amore estremamente sensuale".
Oviamente, come si è letto, il conseguimento della propria elevazione spirituale non passa eclusivamente attraverso il dolore fisico ma anche con la mortificazione dello spirito e l'umiliazione. Ad esempio nelle lamentazioni possiamo leggere: “Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché Egli glielo impone. Ponga nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza. Porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni” (Lam. 3,28-30). A ben leggere un'immagine nemmeno troppo lontana da un ipotetico scenario da sessione.
Ma ancora leggiamo in San Paolo in una lettera ai Corinzi: “(...) anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato” (1Co. 9,27).
Al di là di ogni stretta connessione tra il dolore e la religione, vi è chi ha teorizzato l'utilizzo del sofferenza non tanto per glorificare una divinità in particolare ma sicuramente come percorso mistico. Si tratta di Fakir Musafar un americano che ha mutuato il suo nome da un fachiro indiano vissuto nel XIX secolo che ha mortificato il suo corpo per 18 anni attarverso l'inserimento nel proprio corpo di lame e lance al fine di sondare i limiti del proprio corpo e della sua psiche.
Fakir divenne il capo spirituale del movimento dei Modern Primitives, la cui finalità era quella di esplorare il proprio corpo attraverso modificazioni corporali e mutilazioni riprese dalle ritualistiche delle popolazioni primitive con lo scopo di provare il dolore sulla propria pelle per evocare un'estasi mistica.  Per Fakir il nostro corpo è una creazione della natura che se lasciato nello stato originario cessa di essere una nostra proprietà e quindi solo attraverso il dolore e la manipolazione ci si può riappropriare di esso. Il pensiero di Musafar può essere riassunto nelle sue parole: "alle culture moderne sembra mancare un’intera parte di vita. Dilaga l’alienazione e la gente ha perso il contatto con le cose e con se stessa. Serve un rimedio, e il principio base può essere sintetizzato così: gioca con il tuo corpo e fanne ciò che vuoi. A mio avviso la gente ha un disperato bisogno di questi riti, ecco perché rinascono il piercing e il tatuaggio. In un modo o nell’altro, c’è bisogno di una cultura tribale". Ma la parte interessante è proprio quella che riguarda il raggiungimento dell'estasi proprio attraverso la manipolazione e il dolore. Fakir fu infatti uno dei primi teorizzatori del “subspace”, tema tanto caro nell'ambiente bdsm, ovvero una sorta di trance mistica raggiungibile attraverso il dolore e la mortificazione e pari per intensità a un'esperienza sciamanica.
Tale ritualistica è ancora oggi diffusa attraverso l'operato di alcuni gruppi, che hanno assunto la denominazione di "chiese" che continuano a operare modificazioni, sospensioni applicate direttamente sulla carne, prove di dolore e riti iniziatici per liberare il proprio corpo dagli orpelli terrenni e il raggiungimento di stati estatici attraverso la sofferenza (vedere a tale proposito Taboo su National Geographics che ha ripreso da vicino una di queste chiese statunitensi).

lunedì 16 dicembre 2013

Libri: On Tour di Madame Ingrid - autoprodotto









Curiosando per la rete, tra negozi e librerie online, ho scoperto che Mistress Ingrid di Brescia ha scritto un libro dal titolo "On tour". Il libro è una biografia che segue l'excursus di domina di uno dei nomi noti del Bdsm nostrano tra aneddoti, esperienze di vita vissuta e riflessioni personali.
Il libro è interamente autoprodotto e acquistabile solo in formato digitale (epub o kindle) al prezzo irrisorio di € 4,99.
L'autoproduzione è croce e delizia per gli autori indipendenti e spesso scelta obbligata, visto lo stato in cui versa l'attuale editoria; di conseguenza il peso di questa scelta non di rado si fa sentire. La forma e il linguaggio il libro avrebbe bisogno di maggiori attenzioni e si sente la mancanza di un editor esperto. Non ho apprezzato molto lo stratagemma letterario usato dalla scrittrice che spesso si rivolge al lettore come se si trattasse di un dialogo con un astante.
Diversa la questione sulle esperienze professionali e di vita che si palesano quantomai variegate e interessanti. Il libro, chiamandosi appunto On Tour, narra dei svariati viaggi della dominatrice bresciana in tutto il mondo alla scoperta del bdsm. Vacanze, a volte anche lavorative, che vanno dalla giovinezza ai giorni nostri e che cercano di delineare un quadro del bdsm nel mondo, dagli anni '80 a oggi. New York e le feste fetish, Parigi, Londra e il torture garden, i Club Domina olandesi e tedeschi, le feste nostrane, la Thailandia con poco bdsm e tanta squallida prostituzione, l'Owk.
È indubbio che tale excursus sia colorato e meritevole di interesse; ed utile anche per ridimensionare certi miti del bdsm (la Germania e il solito fin troppo idealizzato Owk). A parte qualche cliché nell'atteggiamento, che ci sta anche per rimanere nel ruolo, traspare comunque una figura sicura, senza inutili eccessi, rispettosa dei sacri canoni di sicurezza del bdsm che invita a riflessioni interessanti. Dopo i primi viaggi in Olanda e Germania (posti liberi e sicuramente all'avanguardia in Europa ma anche freddi, e distaccati) è a New York con il confronto con altre domine non solo amatoriali, che Mistress Ingrid fa dei bilanci. Dopo aver fatto amicizia con una prodomme statunitense nei cui progetti futuri c'era trasformarsi "in una semplice vecchia signora, con la torta di mele sul davanzale e tanti nipotini in giardino.», Mistress Ingrid evidenzia che "per una persona come Michelle (la mistress in questione), che in fin dei conti mi aveva dato l'impressione di essere rimasta sé stessa fino in fondo, ne avevo viste moltissime altre che avevano perso la loro identità. Non credo che fosse dipeso tutto dal BDSM, però non c'era dubbio che qualcuno avesse creduto così tanto al proprio personaggio di scena da aver perso di vista la persona che c'era dietro; che qualcun altro si fosse rifugiato in un dresscode fetish proprio per dimenticarsi della propria miseria come essere umano; che altri ancora avessero dimenticato perfino il più comune rispetto che bisognerebbe sempre avere nei confronti di sé stessi e di tutto il prossimo". Un rischio davanti al quale nessuna è esclusa: "Ripensandoci oggi è incredibile quanto fossi ingenua. Non mi vergogno ad ammettere che il rapidissimo successo che avevo ottenuto sin dall’inizio come prodomme mi avesse un po’ dato alla testa: quando non passa momento senza che ci siano decine di uomini (e donne) che ti venerano come una dea, ti adulano e ti ripetono che farebbero qualsiasi cosa pur di soddisfarti è difficile tenere i piedi per terra. È un errore in cui ho visto cadere anche tutte le altre ragazze che hanno scelto questo mestiere. A un certo punto, soprattutto all’inizio della carriera, si finisce per credere un po’ troppo al proprio personaggio e ci si ritiene infallibili, o per lo meno molto più furbe di chi ci circonda". D'altronde cosa c'è di meglio di "avere anche un secondo essere umano che si riduce a svolgere i compiti più ripugnanti pur di compiacerti – semplicemente perché la tua stessa esistenza esprime un potere irresistibile su di lui".
Ma c'è altro: la consapevolezza che alcuni non vivono il bdsm con liberazione e serenità ed è giusto quindi un approccio diverso (" Fosse stato uno dei miei masochisti avrei trovato divertente infierire su una frustrazione simile, ma lui era solo un’anima in pena"); la descrizione delle emozioni di una pratica (" a quel punto ne percepisco alla perfezione ogni respiro, ogni battito del cuore, ogni piccola reazione. Da ciò che mi dicono i miei compagni di giochi la cosa è quasi reciproca, e in ogni caso io la vivo come un’esperienza che va al di là del normale incontro di dominazione e perfino al di là del sesso"); lo sgomento per il bieco sfruttamento minorile visto in Thailandia (" correre in hotel a fare la doccia più lunga della mia vita, da cui uscii con la pelle tutta arrossata per quanto mi avessi cercato di strofinarmi via i ricordi di ciò che avevo visto. Ancora adesso, scrivendo questo capitolo, ho pianto quasi quanto quella notte"); riflessioni sul bdsm e sullo status di sottomesso (" Come dice un caro amico, un sottomesso full time è tutto sommato un eroe romantico, che ricerca le sofferenze e le umiliazioni più estreme per compiacere tanto sé stesso quanto la sua Padrona; Tutto ciò è meraviglioso finché viene osservato con gli occhi di chi condivide l’amore per queste cose, ma basta togliere il contesto per rendere quella stessa persona – come tutti gli eroi - solo un povero idiota, un pazzo da curare").
E poi il mito Owk, ridimensionato assai ma con equilibrio, evidenziando il lati positivi ma soprattutto quelli negativi. Innanzitutto le carceriere non sembrano essere molto rispettose della sicurezza delle pratiche (" Non era la prima volta che vedessi un massacro simile, ma davanti a quel corpo abbandonato e tremante provai più pena che altro, e decisi che non avrei mai messo in pericolo la salute del mio amico marchiandolo e lasciandolo nelle mani di quelle esagitate") e questo perchè "quasi tutte quelle bellissime ragazze erano infatti semplici studentesse la cui motivazione per trovarsi all’OWK consisteva nel fatto che fosse un modo poco faticoso per guadagnare ben più che con un lavoro normale, e senza nemmeno doversi troppo spogliare o fare sesso con sconosciuti. Ciò significava però che non avessero nemmeno la minima idea del perché tutti quegli uomini accettassero i loro maltrattamenti. Il lato positivo, se vogliamo così chiamarlo, era che in compenso il disprezzo altero che mostravano per gli schiavi non fosse affatto simulato – e paradossalmente ciò faceva loro perdonare molti eccessi da parte dei sottomessi".
E ancora circa la trasparenza di questo "paradiso" del bdsm: "semplicemente, i clienti sottomessi che giungevano da soli alla Città Nera, senza la protezione di una Padrona che si prendesse cura di loro, dovevano lasciare una caparra che comprendeva l’intero periodo e le pratiche concordate. Se per qualsiasi motivo decidevano di abbandonare il gioco prima della sua conclusione, quei soldi rimanevano comunque nelle casse dell’OWK. E che facevano quindi le nostre ragazze? Logico: infierivano fin dal primo istante sui clienti con una violenza inaudita, “convincendoli” a scappare – tanto l’incasso era assicurato lo stesso, e con molto meno impegno!". Tutto il mondo è paese insomma, altro che le sole ragazzette di facebook. La corruzione del denaro ha dunque portato al declino la città nera in quanto "tutte le persone coinvolte condividano almeno a grandi linee la stessa visione, è chiaro. E purtroppo nel caso dell’Other World Kingdom col tempo è stato proprio questo a mancare".... " la passione dei fondatori si è in qualche modo esaurita.... L’unica cosa sicura è che a un certo punto l’entusiasmo, la convinzione nella loro visione di un mondo dominato in tutti i sensi dalle donne, è stata un po’ alla volta sostituita da compromessi commerciali: il sogno si è trasformato in lavoro (ingrato, senza dubbio) e la fatica ha preso il sopravvento" e dunque "la tenuta in Cechia è rimasta attiva solo come set per i video che hanno continuato a vedere piuttosto bene – almeno finché quasi tutti gli acquirenti hanno capito di stare guardando solo una pantomima".
On tour si palesa dunque una piacevole lettura, destinata ad essere consumata in poco tempo, un modo per conoscere alcuni retroscena del mondo bdsm e il punto di vista di una dominatrice di esperienza. Inoltre il prezzo proposto lo fa diventare certamente un must per gli appassionati del bdsm.

lunedì 25 novembre 2013

Bdsm totalizzante e spersonalizzante: SSC, Rack o pericolosa deriva?


Nel mio girovagare per il web, ho visitato tanti, tantissimi siti bdsm, forum e anche siti e blog di svariate Mistress.
Mi ha incuriosito una cosa: spesso ho trovato una frase ricorrente specie nei blog di alcune Mistress o nelle sezioni moneyslavery di alcune Mistress. Una cosa che veste il bdsm di un concetto davvero totalizzante e molto forte. In parole povere chi intraprende una certa strada deve porre la padrona prima di ogni cosa al mondo.
Si legge sul sito di una mistress nella sezione dedicata alle candidature: “Io, la tua Dea, verrò prima di tutto e tutti, senza eccezione alcuna”. Questo è un leit motiv che si ripete spesso nei siti visitati. D'altronde lo conferma anche uno schiavo di una nota mistress nel suo blog: “ l'ho espressamente detto anche alla mia padrona, viene prima di tutto e di tutti”. Volendo alzare il tiro, il concetto viene esplicato in maniera meno generale altrove, dove tra le regole di una dominante si legge: “OGNI PERSONA PRESENTE NELLA VS VITA , COMPAGNA, AMICO, FAMIGLIA ,GENITORI, ECC...NON AVRANNO IMPORTANZA COMPARATA AD UN MIO ORDINE O DESIDERIO. SE NON RIUSCIRETE AD ESAUDIRE I MIEI ORDINI E RISPETTARE LE MIE REGOLE SARETE RIGETTATI”.
Lo stesso concetto lo si può riscontrare anche nella concezione di dominazione di mistress estere; una moneymistress, modella, prodomme americana argomenta: “Alway put Princess first! Yes, I'm sure you love your mom and maybe you are married with kids....blah, blah, blah. If you adore the Princess, and we both know you do, then you will make any sacrifice necessary to make her happy”.
Mi sono sempre chiesto se questi proclami siano chiacchiere da chi vive di fantasie, se sono atteggiamenti espressi per mantenere un personaggio e attrarre verso sé il sottomesso di turno traendone così un qualche beneficio monetario o materiale. Ma ammettiamo che ci sia davvero della consapevolezza dietro a queste parole e ammettiamo che qualcuno che legge sia davvero pronto ad aderire a un programma così drastico. Può davvero il bdsm assumere dei connotati talmente invasivi da far si che si rinneghi tutto per la figura dominante?
Ho sempre creduto nella regola del SSC. Ma tale scelta è SSC? E quand'anche fosse Rack può spingersi verso un limite così estremo, dato che comunque io non penso al Rack come una sorta di libertinaggio? Analizzando meglio:
- Sano: non credo che per sanità si intenda solo l'integrità fisica. Guardiamo alla sanità come concetto che investe tutti gli aspetti dell'uomo (salute, psiche, vita sociale). E' sano ritenere inferiori (perchè alla fine di questo si tratta) persino gli affetti più cari di fronte alla padrona? E' sano annullare la propria vita sociale?
- Sicuro: per sicurezza non penso solo alle pratiche eseguite con tutte le precauzioni del caso di modo che non ledano l'integrità fisica di una persona. E quella morale? Quanto è sicuro, per il presente e anche per il futuro di un individuo, piegarsi in maniera così totale e spersonalizzante?
- Consensuale: E' vero chi accetta di divenire schiavo lo fa per una sua libera scelta. Ma ci si può nascondere sempre dietro il consenso del singolo? Non credo. La legge per esempio non ammette il consenso sempre e comunque. Una scelta del genere è figlia di un consenso libero? Arrivando a tanto siamo sicuri che non si possa essere di fronte a una sorta di accettazione sfrenata dovuta a una dipendenza smodata nei confronti di un istinto e di una persona che lo incarna?
Ho sempre pensato al bdsm come un gioco tra le parti. Un gioco con delle regole, e che ha una “messa in scena” molto seria, i ruoli possono essere temporanei ma il dolore e le umiliazioni sono reali. Anche quando si investe in un rapporto D/s vi sono delle regole di modo che non si trascenda in maniera pericolosa. Tra l'altro a leggere e sentire le testimonianze di chi un D/s l'ha vissuto o lo vive (non posso dire la mia in quanto i rapporti D/s non mi hanno mai interessato), nemmeno questo rapporto pare freddo, distaccato, senza sentimento alcuno.
Lungi da me fare moralismi sulle scelte individuali, ma credo che una pantomima come quella da me riscontrata in tali proclami, possa avere un senso se vissuta come gioco di ruolo, in una sessione, quindi per un tempo circoscritto, per mettere del sale alla sottomissione ed amplificare l'eccitazione.
Ma come stile di vita mi lascia perplesso in quanto credo che il bdsm così vissuto implichi una perdita di contatto con la realtà, trasformandosi in una gabbia che esclude completamente il mondo esterno e le innumerevoli prospettive che può offrire.

venerdì 22 novembre 2013

La Pianista di Michael Haneke




PRODUZIONE: Francia
2001
GENERE: Drammatico
DURATA: 130'
INTERPRETI: Isabelle Huppert, Benoit Magimel, Annie Girardot, Anna Sigalevitch, Udo Samel, Susanne Lotar, Cornelia Kondgen
SCENEGGIATURA e REGIA: Michael Haneke
TRATTO dal romanzo di Elfriede Jelinek
FOTOGRAFIA: Christian Berger
MONTAGGIO: Monika Willi
SCENOGRAFIA: Christoph Kanter
COSTUMI: Annette Beaufays

I film che hanno come tema il bdsm o in cui sono inserite tematiche bdsm mi creano sempre un senso di diffidenza in quanto spesso si riducono al racconto di figure comuni e stereotipate. Non è questo il caso de La Pianista. Cercare di spiegare La Pianista di Michael Haneke non è cosa semplice perchè è un film che si sviluppa su vari piani e che scava nella profondità dell'animo umano e del suo malessere. E' un film che non può essere visto superficialmente ma richiede grande attenzione per poter cogliere le sfumature complesse che animano l'intimo della protagonista e che altrimenti verrebbero falsate da un giudizio che verterebbe solo sull'aspetto narrativo della vicenda. La Pianista non è una storia d'amore (o perlomeno non solo, dato che forse l'amore in realtà è il grande assente della pellicola) nè è un film sul bdsm. Ma è un film sulla sofferenza umana che utilizza il bdsm per descriverla. La protagonista Erika, Isabelle Huppert (musa ispiratrice di Haneke), è una talentuosa insegnante di piano sulla quarantina che vive con una madre possessiva e invadente che le condiziona la vita (le chiede conto delle sue uscite, le telefona durante le lezioni). Erika è una donna frustrata, algida che ha represso le sue emozioni e che allontana da sè qualsiasi forma di rapporto umano. Erika ha un segreto: la sua vita sessuale mai realizzata, la porta a vivere un claderone di fantasie confuse e "perverse" in maniera morbosa. Si chiude nei peep show masturbandosi annusando i fazzoletti sporchi di sperma abbandonati, si improvvisa voyeur nei dirve-in eccitandosi alla vista degli amanti. Tutte queste fantasie si affollano nella sua testa cercando una valvola di sfogo che col tempo ha imparato a individuare: Erika è una sottomessa. Segretamente nella sua stanza cela sotto il letto una cassetta piena di strumenti che, presumibilmente utilizza per i suoi giochi erotici solitari: catene, corde, guinzagli. Il suo probabile fallimento come concertista la porta a sfogare con i suoi alunni la sua insoddisfazione, attraverso mortificazioni e umiliazioni che sminuiscono il loro lavoro. Erika, probabilmente per liberarsi, almeno in quegli spazi in cui è lei che comanda, dell'oppressione della madre a cui sostanzialmente è sottomessa, sfoga il suo sadismo con chi le è sottoposto. Ma è una reazione di riflesso, non è quello che cerca. Erika ama essere umiliata. Lo dimostra persino verso la madre, verso la quale nutre un sentimento morboso, quando una sera le dice, commossa e in un impeto di eccitazione "Mamma ti voglio bene" dopo che la stessa l'aveva mortificata verbalmente. La pianista un giorno conosce un giovane ragazzo, anch'egli pianista per diletto ma con un talento innato. Talento che Erika riconosce ma fatica ad ammettere. Il ragazzo la sedurrà dal primo momento, un colpo di fulmine che lo porta a desiderare da lei una storia d'amore passionale e romantica. Dopo i primi timidi tentativi di Erika di allontanarlo e di trattarlo alla stregua dei suoi alunni la stessa cede perchè vede in lui la figura idealizzata del dominante. Erika non avendo il coraggio di parlargliene, gli scrive una lettera nella quale si mette a nudo, ma in maniera fredda e chirurgica indicandogli asetticamente una lista di pratiche estreme che vorrebbe subire da lui, promettendogli sottomissione e fedlatà incondizionata. Alla lettura, il giovane si dimostra disgustato, le dà della malata, ciò che prima era per lui amore si tramuta in disprezzo. I due si inseguiranno nella speranza di realizzare un rapporto che non potrà vedere la luce per le divergenze profonde dei due.
Forse l'unico sprazzo di amore presente nel film è quello del ragazzo. Quello di Erika è solo un'illusione, un'idealizzazione delle sue fantasie represse, l'autoconvincimento che quella persona le darà ciò che vuole, un attaccamento morboso. Dal suo canto il ragazzo ha una formazione borghese e una concezione del sesso allineata al sentire comune; per lui il feticismo, le percosse, le corde sono solo un depravazione di una mente malata, da respingere con disgusto.
Haneke è un maestro nel raccontare senza giudicare, nel delineare dei complessi profili caratteriali e psicologici in maniera asciutta senza scadere in patetici romanticismi, moralismi e senza prendere parte a una tesi piuttosto che all'altra. Sì La Pianista è un film sulla sofferenza, sulla follia maniacale scaturita dalla repressione dei propri sensi; sul marcio che nasconde la società borghese e il marcio non è il sadomaso ma bensì la morale che ha soffocato e reso invivibile un modo di amare. E' un film in cui i personaggi che si muovono sono vittime e carnefici al contempo, in cui vi è la sconfitta di ogni rapporto umano. E in tutto questo giganteggia la Huppert che traduce nei suoi sguardi freddi ma pieni di rimpianto tutto il peso che si porta dentro.

martedì 19 novembre 2013

Il web e il declino del Bdsm?


Internet ha rappresentato sicuramente una grande innovazione negli ultimi anni entrando nelle case di tutti come una vera e propria rivoluzione nella vita del singolo. Grazie a internet si è imposto un cambiamento radicale nel mondo lavorativo, ludico, delle informazioni, promozionale e della comunicazione in generale. E' indubbiamente stato un grande aiuto, semplificando la vita di molti e avvicinando le persone. Grazie a internet c'è stato un accesso globale a diverse informazioni, prima appannaggio solo di addetti a specifici settori, e negli stessi settori ha rappresentato uno sdoganamento; chiunque può avere chiarimenti e un'informazione adeguata in ogni campo. Pensiamo per esempio al mondo dell'arte dove un neofita si può avvicinare, apprendendo nozioni base e trucchi dl mestiere seguendo un forum o un tutorial su youtube. Ma tutto questo grande accesso ad informazioni e altro, in un luogo virtuale dove la proprietà privata ed intellettuale non esiste praticamente più costituisce un'arma a doppio taglio. Sembra paradossale ma l'accesso indiscriminato a determinate aree può essere anche deteriore. Per fare un esempio, oggi con internet chiunque può entrare in possesso di programmi per l'home recording (siano essi open e free che craccati), gestendo così una serie di programmi professionali a costo zero che lo mettono in condizione di fare musica da casa. Stupendo si potrebbe dire, un mondo democratico in cui ciò che prima era appannaggio di pochi facoltosi diventa alla portata di tutti. Ma tutto questo ha davvero migliorato il mondo della musica? Non direi. Se prima fare musica era sinonimo di dedizione (gente che lavorara esclusivamente per acquistare un pedale per la chitarra e inseguire il sogno di essere musicista), di sacrifici, spese, oggi chiunque può scaricare una efficacissima pedaliera virtuale. Con la conseguenza che se prima il fare musica era figlia di una "missione" e le etichette investivano più sulla qualità, oggi chiunque può fare musica dalla sua cameretta, magari solo per noia o per provare, con il risultato che le uscite mensili sono decuplicate a discapito della qualità, e oltre le etichette, anche piccole, che investono e vivono anch'esse di sacrifici per dare alla luce un progetto, proliferano netlabel che offrono prodotti gratuiti o a prezzi irrisori dove spesso la qualità lascia a desiderare (ho scaricato l'album di un sedicente pianista giapponese che aveva un tocco imbarazzante e non possedeva alcuna cognizione del concetto di tempo per dirne una).
Anche nel campo dell'informazione bisogna stare in guardia: numerosi sono i blog di controinformazione che però lasciano il tempo che trovano. Così, sempre per fare un esempio, se da un lato è facile trovare un sito di medicina autorevole dove scrivono professori e primari da tutta italia che offrono consulenze con pareri veritieri, dall'altro troviamo siti e blog di pura ciarlataneria che diffondo informazioni errate o pericolose fantasie (la possibilità di curare il cancro col bicarbonato, la negazione dell'esistenza del virus dell'aids).
Cosa c'entra il bdsm con tutto questo? C'entra perchè il bdsm come disciplina ludica o seria che sia, ovviamente ha trovato spazio nella rete. E questo non solo attraverso forum, siti e social network a tema ma anche attraverso i canali più canonici. Per farla breve oggi, una qualsiasi ragazza può autonominarsi mistress e dominante per natura e aprire un profilo Facebook o un blog personale. Fin qui nulla di male. Ma la questione è su l'uso che si fa di questi canali. Tralasciando i profili delle Mistress note ed affermate, che usano Facebook solo come ulteriore vetrina e un modo per creare un punto di contatto con i propri fan (e infatti qui si vedono commenti molto colloquiali e gentili), sposterei l'attenzione sulle mistress fai-da-te.
Innanzitutto la cosa che colpisce per prima è che i profili Facebook di queste ragazze sono per lo più usati per esercitare la dominazione solo attraverso la moneyslavery. Per la stragrande maggioranza l'appellativo usato è Dea. Poche usano nick alternativi come Regina o Domina. Nessuna Mistress (tranne le Mistress così come siamo abituati a vederle). Vi risparmio il copia incolla degli status imperanti, tanto sono tutti uguali, variando dai soliti epiteti come "vermi, cani, coglioni" per poi richiedere la solita ricarica wind, tim, vodafone a seconda del gestore. E' consuetudine leggere quindi status fotocopia "coglioni chi mi fa una ricarica tim?" in una sorta di gara all'accattonaggio. Consuete sono le richieste di bonifici paypal. Le più ardite offrono umiliazioni in cam o vendita di calze e intimo usato. Ho potuto leggere tra i commenti anche uno status in cui la signora in questione chiedeva da ogni contatto €. 50 a fine mese pena l'eliminazione L'impressione che ho avuto è che si guarda a Facebook come una sorta di business per avere soldi facili dove basta mettere la foto di un piede, buttare un insulto e si è ricoperte d'oro. Ma lo si è davvero? A ben guardare i commenti non direi. E' sovente che le stesse si lamentino della poca serietà dei propri contatti che parlano, parlano ma non agiscono mai. "Facebook è uno schifo, gli schiavi seri sono pochi" o ancora "Tutti dicono di essere veri schiavi ma pochi lo sono. Chi non sa viziarmi verrà cancellato"; "Non siete veri schiavi". Il metro di giudizio per testare la veridicità di uno schiavo è quindi il denaro. Chi non paga non può ambire a tale titolo. Che su facebook ci sia una torma di segaioli che sbava dietro foto di piedi e insulti gratuiti e plaude alla dea di turno con commenti tipo "la dea ha sempre ragione. siamo dei coglioni!" è indubbio; che ci sia anche chi gioca a fare il segaiolo prendendo per il culo le dee è altrettanto indubbio. D'altronde chi semina raccoglie.
A volte però tali atteggiamenti sopra le righe si possono riscontare anche in mistress che fanno sessioni e sono abbastanza conosciute (più raramente ma capita).
Visionando i blog le cose non cambiano di molto. La moneyslavery la fa da padrona, ma cosa più curiosa si possono leggere amenità ancora più estreme se vogliamo, con una serie di raccontini e offerte che entrano in maniera prorompente nell'ambito del diritto penale con una disinvoltura quasi disarmante. Una mistress che dice di essere proprietaria di uno schiavo trav che cede a chiunque ne voglia fare uso (anche wc completo) dietro ovviamente compenso che intasca lei. Contattarla sulla sua mail o sul suo cellulare (visibile). O un'altra ancora che (come al solito) non è una money mistress convenzionale, che rapisce le coscienze e con possiamo fare a meno di lei e altre amenità, che si arroga il diritto di ricattare uno schiavo in vista e indietro con i pagamenti, con telefonate alla moglie dello stesso. Quantomeno agghiacciante.
Ora questo è il quadro, desolante a mio avviso, di quello che è parte, ovviamente, del bdsm "sdoganato" in rete. Qualcuno di voi mi potrà dire che questo non è il "vero" bdsm (come se ce ne fosse uno), che queste sono solo ochette in cerca di soldi facili non rappresentative di un'intera comunità (e ci mancherebbe). Ma di fatto ci sono e operano. E magari qualcuna sessiona anche (con tutti i rischi annessi per esempio alla mancanza di igiene dell'attrezzatura, o in una pratica come il trampling eseguita senza alcuna conginizione di causa), partecipa anche a feste a eventi, facendosi conoscere, pensando forse di acquistare in tal modo notorietà e di farsi un nome. E di fatto non si può nascondere che anche questa è una fetta di bdsm che volenti o nolenti è diventata una realtà.
Per fare un esempio culinario, ormai in Italia vi sono migliaia di ristoranti cinesi dal menù a 15€ che propongono le solite portate che sanno tutte di soia fritta. Qualcuno potrebbe obiettare che la vera cucina cinese è altra e che è tutto un altro pianeta. Ma di fatto questi ristoranti sono ovunque e per molti rappresentano la cucina cinese.
Con questo non voglio dire che esiste un bdsm autentico e uno meno veritiero ed è chiaro che alla fine dei conti ognuno lo vive un po' come crede e che alla fine conta ciò che ognuno fa nella propria intimità. Non voglio fare moralismi di sorta ma in ogni caso questa riflessione personale nasce dal fatto che il web ha in qualche modo "distorto" lo spirito del bdsm. E che se per alcuni può essere una nuova frontiera o un nuovo modo di vivere il bdsm, a me sembra un po' un'involuzione che in alcuni casi può portare a pericolose derive (sopra descritte).